Formato 150 x
210 mm
Pagine 112
bianco/nero
Prezzo di
copertina 15 euro
Ottobre 2022
Il fenomeno
della “crisi di immagine” di un'azienda alimentare è fenomeno antico,
connaturato com'è a un tipo di azienda che, per la natura stessa dei suoi
prodotti, vive appunto di immagine ovvero, per dirla in termini
tradizionali, di fiducia da parte della sua clientela.
Nessuno infatti
si rivolge, almeno coscientemente e salvo che non abbia alcuna possibilità di
scelta, al consumo di alimenti provenienti da un'azienda di cui non abbia fiducia o, peggio ancora, della cui disonestà o incapacità abbia il sospetto o la
certezza.
Lo potrebbe
fare al limite per l'acquisto di una cravatta o di una cintura ovvero per
acquisti in cui è in gioco solo un valore economico, ma cercherà assolutamente
di evitarlo quando invece la merce è una sostanza alimentare ovvero un prodotto
che inciderà sicuramente, in positivo o in negativo, sulla sua salute.
Questa naturale
e fisiologica condizione dell'azienda alimentare espone la stessa anche a una
condizione di particolare vulnerabilità, in quanto quella fiducia, costruita
negli anni e persino, talora, attraverso più generazioni, può sfumare o
quantomeno compromettersi gravemente nello spazio di un solo episodio
disgraziato di crisi nata da un'“allerta igienico-sanitaria” (o anche di altra
matrice) per vicende in cui però non sempre vi è una responsabilità
dell'azienda, ma talvolta - come vedremo - magari esclusivamente una colpa di
terzi e persino, in certi casi, di terzi criminali.
In tutti questi casi,
difendere l'“immagine”, ovvero quel patrimonio di fiducia della clientela di
un'azienda alimentare, non è impresa agevole: e non lo è sia per la fragilità
di questo bene immateriale, e pur così prezioso, per un'azienda che produce o
distribuisce al consumo alimenti, sia per la molteplicità dei versanti, alcuni
persino di natura istituzionale, da cui l'attacco a quel bene -
immagine/fiducia - può provenire.
Orbene le
cronache degli ultimi anni e di queste ultime settimane in particolare si
stanno caratterizzando per allerte sanitarie sempre più frequenti anche
a carico di aziende alimentari di rinomanza mondiale.
E di
conseguenza di rinomanza mondiale sono le dimensioni delle “crisi” di immagine
da gestire per le aziende coinvolte.
E per giunta si
infittiscono pure i casi di allerta sballati ovvero scaturiti da errori
di laboratorio o da applicazioni superficiali delle norme sanitarie da parte
degli organi del controllo ufficiale.
E anche e
soprattutto da queste crisi immeritate l'azienda alimentare dovrà
recuperare il suo prestigio, la sua immagine, la sua fiducia presso i consumatori.
Questo nostro lavoro vuole perciò essere un percorso di riflessione
giuridica, ma non solo, sul tema della “crisi da allerta” per l'azienda
alimentare.
Un percorso in
cui tentiamo di guidare l'imprenditore alimentare onesto e previgente nella
predisposizione di un sistema di difesa o, meglio ancora, di prevenzione e
organizzazione rispetto alla crisi.
Un sistema
volto a evitare, per quanto sta in lui, di ritrovarsi al centro della bufera
prodotta dall'“allerta sanitaria” (o anche di altra natura) ovvero un sistema
che quantomeno lo aiuti a ridurre al minimo i danni della crisi e magari a
ripartire nel suo percorso imprenditoriale.
Carlo Correra